il prezzo della RABBIA
La rabbia ha risvolti positivi? Non è utile per fronteggiare situazioni conflittuali? Non è necessaria per far valere la propria opinione? Anche se la rabbia desse un apporto, raramente produrrebbe un contributo apprezzabile. Seneca descrisse la rabbia come “la più odiosa e delirante di tutte le emozioni” e gli stoici sottolinearono che la rabbia avesse il potere di annebbiare la capacità di ragionamento (1).
Uno dei risvolti negativi della rabbia sta nel deterioramento delle relazioni interpersonali, e paradossalmente, ad esserne toccate sono le relazioni che reputiamo più significative. Ingenuamente si è portati a credere che la rabbia sia un sentimento che indirizziamo verso le persone che non ci piacciono, ma alcuni studi (2) mostrano come i più comuni bersagli della rabbia includano, figli, coniugi, amici e colleghi.
Un altro effetto è che la rabbia conduce al mettere in atto comportamenti aggressivi; non si può parlare di conseguenze dirette ma “la rabbia può essere paragonata al progetto di un architetto. Il fatto che ci sia un progetto non significa che l’edificio verrà costruito, ma che rende la costruzione più probabile” (1).
Anche sul fronte della salute fisica, molti studi e meta-analisi ( 3) hanno confermato il ruolo dell’ostilità e della rabbia quali fattori di rischio per la patologia cardiovascolare.
L’ostilità è intesa come una cinica mancanza di fiducia verso il prossimo; è caratterizzata da opinioni e atteggiamenti negativi verso gli altri, da frequenti attacchi d’ira ed espressioni di comportamento aggressivo. L’ostilità implica fattori di tipo cognitivo circa le credenze negative sulle intenzioni altrui, cui vengono attribuiti egoismo, cinismo ed aggressività.
Con la nozione di rabbia ci si riferisce ad un’emozione di base che può apparire come transitoria oppure come una disposizione stabile (4); la funzione è quella di difendere l’organismo da un percepito attacco, allo scopo di massimizzarne la sopravvivenza nell’ambiente in cui ci si trova. La valutazione della minaccia al proprio benessere innesca una reazione di emergenza che, a sua volta, determina un aumento del livello di attivazione psicofisiologica che predispone all’attacco: il corpo si prepara all’azione, fra l'altro, con un aumento della frequenza cardiaca, della frequenza metabolica e respiratoria, mentre l’adrenalina fluisce nel sangue che viene indirizzato ai muscoli più grandi del corpo, aumentandone la tensione e preparandoli allo scatto. In caso di rabbia “cronica”, i ripetuti cambiamenti fisici associati, espongono, nel tempo, a danni non reversibili al sistema cardiaco, facendo aumentare il rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare.
Cinque falsi miti intorno alla rabbia (1)
1° falso mito: Sfogare la rabbia aiuta a ridurla
Come si è visto, la rabbia può essere rivolta verso l’esterno ma anche interiorizzata. Quest’ultima è “l’incapacità di esprimere sentimenti di irritazione e rabbia verso la fonte di frustrazione, dalla quale consegue un ri-orientamento di tali sentimenti verso l’interno” (5). Una analogia molto usata per descrivere i due tipi di rabbia “repressa”, è quella della compressione di un gas in un serbatoio chiuso. Di derivazione dal pensiero freudiano di “modello idraulico”, porta alla conseguente indicazione di “svuotare il serbatoio”, pena un danno per l’organismo. Questo falso mito contiene 2 errori: che esprimere la rabbia faccia bene alla salute e che sfogare la rabbia renda meno rabbiosi.
Sul fatto che faccia bene alla salute, si è già visto come gli studi abbiano confermato il ruolo dell’ostilità e della rabbia quali fattori di rischio per la patologia cardiovascolare (6).
Anche sul secondo punto, che la catarsi decrementi la rabbia, gli studi sono arrivati alla constatazione che “le espressioni di rabbia sia verbale sia fisiche portano più rabbia e violenza, e non meno”(1). E allora perché si resta del parere contrario? La rabbia attiva l’organismo ad attaccare la possibile minaccia, e quando ciò è avvenuto, il ritorno del sistema allo stato di “quiete” viene interpretata come un sollievo temporaneo. Il che aumenta la probabilità di rimettere in atto lo stesso comportamento in situazioni simili.
2° falso mito: Bisogna girare alla larga dalla rabbia
La soluzione che alcuni adottano per evitare i danni conseguenti all’essere ingaggiato nell’espressione di comportamenti rabbiosi è il “prendersi una pausa”: “Quando senti salire i fumi della rabbia, allontanati, esci, metti spazio fra te e la fonte del problema”. Come strategia a breve termine non è pessima, ma dove risiede la criticità? Sta sia che nell’evitare i dissidi, si evitano anche le comunicazioni, le situazioni o ciò che ti farebbe apprendere modi per gestirli diversamente, sia che la crescita personale non passa dall’evitare i problemi.
3° falso mito: La rabbia fa ottenere ciò che si vuole
Sotterrare gli altri sotto la propria rabbia o ostilità, può far ottenere delle ricompense a breve termine, e forse qualcuno si piegherà alle richieste ma il prezzo al lungo termine lo si paga in termini di relazioni, fiducia e affettività.
4° falso mito: Per far passare la rabbia di oggi, si deve ripassare dal passato
L’idea che ci siano eventi che hanno prodotto atteggiamenti rabbiosi, e che si debba risalire all’origine e ai significati remoti, distoglie dal vero impegno: ricontestualizzare le esperienze. Ma soprattutto iniziare a capire che siamo noi che determiniamo in nostro stato d’animo e non gli altri!
5° falso mito: Sono gli eventi esterni che fanno arrabbiare
Dire: “mi hai fatto arrabbiare” è come non prendersi la responsabilità di ciò che si sente, è come affermare che i propri sentimenti sono fuori dal proprio controllo. Se fossero gli accadimenti esterni a noi a farci arrabbiare, reagiremmo tutti in un unico modo. Pensiamo alle diverse reazioni che ci potrebbero essere ad un evento banale e comune come essere in ritardo a causa di un imbottigliamento nel traffico (si può provare rabbia, indifferenza, sollievo, frustrazione, rassegnazione, colpa, vergogna). E ciò che se ne evince è che siamo noi a creare la nostra rabbia.
1 Ellis A., Tafrate R. C. (1998) How to control your anger before it control you. Kensington Publishing Corporation.
2 Kassinove H, Sukhodolsky DG, Tsytsarev SV, Solovyova S. Self-reported anger episodes in Russia and America. Journal of Social Behavior and Personality. 1997;12(2):301–324.;
Averill, J. R. (1983). Studies on anger and aggression: Implications for theories of emotion. American Psychologist, 38(11), 1145-1160.
3 Booth-Kewley, S. e Friedman, H.S. (1987). Psychological Predictors of Heart Disease: A quantitative Review. Psychological bulletin, 101:343-362.;
Helmers, K.F. e Krantz, D.S. (1996). Defensive hostility and cardiovascular levels and responses to stress. Annals of Behavioral Medicine, 18:246-254.
Matthews, K.A. (1982). Psychological perspectives on the type A behavior pattern. Psychological Bulletin, 91:293-323.
Smith, T.W. e Leon, A.S. (1992), Coronary heart disease: a behavioral perspective. Research Press, Champaign, IL.
4 Spielberger, C.D., Johnson, E.H., Russell, S.F., Crane, R.J., Jacobs, G.A. e Worden, T.J. (1985). The experience and expression of anger: Construction and validation of an anger expression scale. In M.A. Chesney e R.H. Rosenman (A cura di), Anger and hostility in cardiovascular and behavioral disorders (pp. 5-30). Washington, DC: Hemisphere.
5 Greco, A, (2011). Fattori psicologici associati alle malattie cardiovascolari. Differenze tra condizioni acute e croniche e impatto della gravità della malattia sul benessere del paziente.
6 Smith, T.W., Glazer, K., Ruiz, J.M., Gallo, L.C. (2004). Hostility, anger,aggressiveness and coronary heart disease: an interpersonal perspective on personality,emotion, and health. J Pers 72:1217-1270